Le regioni meridionali sono diventate hub per le energie rinnovabili dell’intero paese, creando non poche preoccupazioni di inquinamento permanente del territorio. Il mezzogiorno è stato sempre gestito dallo stato centrale come colonia anche nel settore energetico. Basti riflettere su quanto avvenuto sino ad ora sulla gestione per l’estrazione degli idrocarburi in Basilicata, ai poli chimici e raffinerie attualmente dismessi in Sicilia, Calabria e Puglia, ai gasdotti che attraversano il territorio meridionale, alla selva di pale eoliche off-shore ancorate ai fondali marini, allo scempio del territorio sottratto all’agricoltura ed alla tombatura del basamento cementizio degli impianti on-shore. Il Movimento è favorevole all’uso di fonti energetiche alternative alle fossili, a condizione che siano rispettate la sicurezza, l’ambiente e gli interessi economici ed occupazionali della gente del Sud. Questi interessi non possono venire dalla vendita dei terreni agricoli, bensì dalla convenienza economica offerta ai residenti sia in termini di lavoro stabile nella costruzione e manutenzione delle turbine che nel consumo energetico a basso costo per uso civile e nell’industria. Desta preoccupazione la recente normativa adottata dall’attuale governo ( decreto sicurezza) che definisce gli impianti eolici come opere di pubblica utilità, normativa che di fatto impedisce al cittadino di dissentire e di opporsi alla localizzazione degli impianti, con la conseguenza che i proprietari del terreni espropriati ed oggetto di installazione degli impianti, pale eoliche, si ritroveranno al momento della dismissione degli stessi impianti con terreni tombati con migliaia di metri cubi di cemento e ferro e quindi inutilizzabili a fini agricoli. In tale ottica i progetti green per la produzione di energia alternativa a quella da fonti fossili potrà confliggere non poco con il mondo agricolo meridionale sia per gli espropri dei terreni su cui dovranno sorgere gli impianti che per l’esproprio di ampie aree agricole di rispetto, per la costruzione di nuove strade a servizio dell’impianto, per l’adeguamento delle strade provinciali e comunali per consentire il trasporto delle parti dell’impianto. Le regioni interessate dovranno esprimere i propri pareri vincolanti sulla costruzione degli impianti, perciò il movimento incalzerà tali regioni per ottenere la riduzione e l’allontanamento all’orizzonte degli impianti offshore; la riduzione del numero degli impianti, il ripristino dello stato dei luoghi agricoli utilizzati per pertinenze e fasce di rispetto, il divieto di tombare i plinti di sostegno, con richiesta di fideiussione bancaria a garanzia del ripristino dei terreni. Inoltre chiederemo alle regioni interessate, per entrambe le tipologie dell’impianto, a sostenere una contrattazione trasparente e pubblica, per le ricadute economiche nel territorio, compreso la localizzazione della sede sociale, e dei benefici diretti ed indiretti a favore dei residenti nella regione e delle piccole e medie imprese ivi esistenti.
